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La ricerca del consenso unico fine di una politica priva di contenuti e di valori
Ormai è assodato che i protagonisti della comunicazione politica hanno sentito l’esigenza di elaborare strategie per trovare consenso con il pubblico. Come? Incidendo sia sulla formazione delle opinioni, sia sulla diffusione di abitudini e stili di vita, avendo come unico obiettivo solo il puro convincimento ideologico, senza tenere conto della realtà oggettiva o realtà di fatto.

Per condizionare i comportamenti del pubblico si fà uso di strategie discutibili e razionalmente infondate, con lo scopo di manipolarlo e condurlo a posizioni che vanno a vantaggio di chi detiene il potere. L’efficacia delle tecniche di manipolazione dipende dal fatto che il rapporto tra verità e politica è spesso di tipo conflittuale. La verità spesso si configura come un elemento antipolitico, al punto che chi, come me, dimostra di essere in grado di accollarsi il peso della verità collocandosi al di fuori della sfera politica. La politica spesso tende a ignorare e a emarginare la verità perché la considera un ostacolo agli interessi di potere.
Interessi che spesso sono consolidati facendo sì che l’opinione pubblica creda vero ciò che invece non è comprovato o non resiste alla prova di falsificazione. Gli apparati politici cercano poi in ogni modo di appiattire qualsiasi verità fattuale al livello dell’opinione, in modo che i cittadini non siano in grado di cogliere alcuna differenza tra di loro. Da quando ho iniziato ad interessarmi di politica ho percepito che gli affari pubblici sono governati dall’interesse e dal potere, che non vi sarebbe alcun ambito politico se non fossimo costretti a preoccuparci della necessità di vita. La ragione di questa mia, chiamiamola umana deformazione, è che la verità di fatto si scontra con la sfera politica. In questa prospettiva, in molti sono ignari del contenuto effettivo della vita politica.
Dunque il contrasto tra verità e politica non va interpretato. Attraverso la propaganda sono attivate strategie patemiche che hanno lo scopo di suscitare emozioni forti di generi differenti: paura, odio, orgoglio, senso di appartenenza, rabbia. È fondamentale per i fini persuasivi della propaganda suggerire in primis la paura e, successivamente, mettere in opera l’azione necessaria per sciogliere tale situazione di pericolo. Un esempio di rappresentazione semplificata prevede due sistemi di valore contrastanti, come il bene e il male, il positivo e il negativo, il modello e l’anti-modello, tra i quali le possibilità di scelta sono ovviamente obbligate.
La politica ridisegna i sistemi di verità attraverso l’uso della cosiddetta “nobile menzogna”. Un’arte vecchissima che era stata data per morta quando apparve la democrazia. Ma non è morta. In realtà è stata migliorata enormemente la tecnica, perché ora si fonda sull’analisi piuttosto che sulla pratica. E così, per effetto dei moderni mezzi di comunicazione, la prassi democratica ha subìto una svolta. Noi siamo governati da politici di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità, orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare in tutti gli aspetti della vita, dalla politica agli affari, dal nostro comportamento sociale ai nostri valori morali. Di fatto siamo dominati da un gruppo minoritario di soggetti capaci di comprendere i processi mentali e i modelli sociali delle masse. Quando le società si democratizzano le élites si rivolgono naturalmente alla propaganda. Quello che mi accingo a descrivere è un sistema di mercato guidato la cui guida ci è dettata dai leader del mondo produttivo, dai proprietari e dai dirigenti dei media più importanti. Con ciò voglio asserire che i leader agiscono sostanzialmente nello stesso modo perché vedono il mondo attraverso le stesse lenti, risentono degli stessi vincoli e degli stessi incentivi, e quindi raccontano le vicende o mantengono il silenzio in modo concorde. L’eufemismo è un esempio di questa manipolazione ingannevole che passa attraverso una riformulazione di un fenomeno, col fine di renderlo innocuo, ossia non più in grado di suscitare reazioni ostili come l’indignazione o la protesta. Nei giornali, in televisione, nelle dichiarazioni dei personaggi pubblici, sempre più spesso quando si fa riferimento a temi controversi e drammatici come la negazione dei diritti umani, la violenza, la morte, si ricorre a questo tipo di strategia retorica che ne ridisegna il loro contenuto negativo mediante l’uso di espressioni il più possibile sfumate e generiche. Concludo nel dire che uno dei compiti fondamentali di un’informazione indipendente dovrebbe essere quello di rifiutare questo uso distorto. Nella maggior parte dei casi, invece, i media hanno rinunciato a svolgere questa importante funzione, rendendosi complici di un sistema di propaganda. L’individuazione e il conseguente smascheramento di queste strategie di manipolazione costituiscono uno dei compiti fondamentali del mio pensiero critico che richiama in causa innanzitutto coloro che lavorano nell’informazione, sottolineando la loro responsabilità ma che coinvolge più in generale tutti noi in quanto cittadini che siamo i destinatari. E’ dalla capacità di esercitare il nostro diritto di critica che dipende quella possibilità di scelta che altrimenti ci è negata.