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Patto tra i sindaci? alla transizione green si necessita quella geopolitica



Solleticato dalla proposta del Sindaco di Mantova Palazzi nell’avanzare la sfida di un patto tra Sindaci dell’Area Nord Italia sono peraltro a condividere l’ analisi concreta e virtuosa legata alla potenzialità degli Enti Locali a partire dall’efficienza di servizi allo sviluppo del territorio. 




Viviamo tempi di profonde trasformazioni. L’economia, sempre più interconnessa, è sospinta dallo sviluppo vorticoso di nuove tecnologie. Cambia l’organizzazione politica degli Stati ed i compiti dei governi. Pertanto i territori, con le loro istituzioni, si trovano a fronteggiare nuove sfide. Le città dovrebbero, giustamente, riscrivere l’agenda urbana. Caratterizzate da spopolamento e deficit di servizi pubblici si necessitano nuove opportunità di vita e di lavoro. Centralità delle autorità locali, ascolto e partecipazione dei cittadini sono fattori essenziali a ricostruire le condizioni per un riscatto.

Come Comitato Civico Viva Mantova siamo felici di poter dare il nostro sostegno e voce ai tanti Sindaci e cittadini impegnati in questo lavoro. Siamo ormai chiamati a sperimentare soluzioni innovative. Dobbiamo sentirci tutti impegnati affinchè gli interventi progettati si traducano presto in benefici per i cittadini. Riteniamo altresì inutile abolire un’Ente come quello provinciale, che se fatto funzionare non può che garantire servizi più efficienti. Aboliamo piuttosto le costose, parassitarie e caotiche regioni, che costano allo Stato cifre ben più esose e si frappongono, sul piano legislativo, tra il governo centrale e il territorio. Riteniamo le Province come anche i Comuni il tessuto sul quale debba riorganizzarsi lo stato moderno. In alcuni paesi si è scelto di aumentarle di numero, in modo da essere più vicine al cittadino. In altri si è fatta la scelta opposta, per evitare gli sprechi. Ma nessun paese europeo ha deciso di abolirle. Perchè, a conti fatti, se sono messe in condizioni di funzionare le Province come anche i Comuni funzionano eccome. Costano meno delle regioni e non si sovrappongono allo Stato centrale. Basta eliminare gli enti intermedi e far tornare le Province a quello che erano: organi amministrativi legati al territorio e organizzati secondo il principio dell’efficienza tecnica. Che dire invece delle regioni? C è chi le ha definite “gusci vuoti”.

Strutture artificiali, imposte a posteriori da uno Stato in grave crisi di identità, cui il governo centrale ha progressivamente demandato quasi tutta l’attività legislativa. Uno Stato dentro lo Stato, che legifera, gestisce i proventi della tassazione (come previsto dal federalismo fiscale), supporta o boicotta le direttive che provengono da Roma. Spendendo cifre da capogiro nel mantenimento di una macchina burocratica che semplicemente non ha senso di esistere.

Ebbene tra le varie riforme riteniamo quanto mai opportuna in questa nuova fase politica di una ridefinizione territoriale degli enti istituzionali italiani per renderli più efficienti, consoni, meno dispendiosi rispetto a quelli attuali obsoleti, non sarebbe poi fuori luogo individuando magari elementi geomorfologici storici cui la popolazione può riconoscersi... un fiume, una pianura, una montagna... questo non sarebbe poi un problema. Un processo di cambiamento che viene da un movimento civico, quale è il nostro, e pertanto non di parte !! La proposta di riordino territoriale ripercorre e aggrega luoghi di interscambio quotidiano (economici, culturali, di incontro delle persone, storici...) di aree attigue, che “si conoscono” da molto tempo, o hanno imparato a conoscersi negli ultimi anni di grandi trasformazione della vita quotidiana. Resta da affrontare il problema dei troppi Comuni: ben 7.901, che così come sono bloccano ogni processo di modernità dei territori. Comuni (piccoli e medi) che gestiscono l’urbanistica (il territorio “loro”) come veri e propri sovrani indipendenti; che si trovano a ridurre servizi e opportunità ai cittadini per scarsità finanziaria; con l’impossibilità di mettere in moto modi efficaci ad affrontare i nuovi disagi sociali; che non riescono nemmeno ora a fare la manutenzione delle strade, a garantire la sicurezza pubblica, a mettere a norma antisismica le scuole primarie di loro competenza...

Per questo ogni nuova riforma territoriale (se finalmente si facesse!) passa per la revisione dei Comuni: al loro posto nuove città, di almeno 50-60.000 abitanti; solo così, peraltro, si garantirebbero servizi efficienti, un porsi più autorevole verso “l’esterno”, ma anche la garanzia che i servizi in loco primari al cittadino (educativi, sanitari, di tutto quel che interessa alle persone...) possono rimane in loco, anzi essere ancor più decentrati.