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La caduta del ceto medio – investire su meritocrazia e sui giovani
Quanti si sentono oggi di appartenere al ceto medio? Qual è l’umore collettivo e gli stati d’animo prevalenti in un contesto segnato da processi globali e interni che generano incertezza? A fronte di un graduale declassamento del benessere economico e a timori diffusi di impoverimento, il ceto medio è condannato a restare solo oppure possono sussistere scelte socio-politiche in grado di dar un supporto sostanziale?

Questi i reali quesiti a cui si cercano di dare risposte e che diventano occasione per una ampia riflessione e aspettative di una larga maggioranza di cittadini. Sentirsi di ceto medio per un lungo periodo ha significato condividere un miglioramento economico e di status sociale, e una volontà soggettiva di investimento nel lavoro, nella professione, nello studio nella certezza che un’economia e una società in sviluppo hanno nel tempo premiato talento, impegno con fruttuosi risultati. In un contesto radicalmente diverso, quindi, è importante chiedersi cosa resta di appartenenza e di un sentire comune del ceto medio.
Quindi siamo alle prese di un declassamento in atto e aspettative di sua prosecuzione nel futuro? Questa è la percezione di un stato d’animo prevalente nella maggioranza delle persone che si sentono di appartenere al ceto medio. È un mutamento radicale rispetto al passato italiano allora sovvenzionato dallo sviluppo e dalla moltiplicazione delle opportunità di crescita del benessere e dello status sociale. Oggi, invece, in una società che si percepisce come bloccata, si vive la giornata. Pervasi dal timore di dover fronteggiare una contrazione della propria condizione economica e dello status sociale.
Ecco perché socialmente non si manifesta un dispiegarsi di energie volte alla conquista di condizioni economiche e sociali migliori, ma piuttosto a un impegno al mantenimento di ciò di cui si dispone. È pertanto alquanto evidente che la sfida di un nuovo sviluppo sostenibile, capace di valorizzare al massimo le opportunità tecnologiche andando incontro alla nuova domanda di qualità della vita proviene tra i giovani. Solo valorizzando impegno nel lavoro, talento, conoscenze e competenze è possibile riattivare i meccanismi di crescita, evitando quel declino annunciato.
Ecco perché è importante che si modifichi la percezione e il riconoscimento sociale delle persone che si distinguono per conoscenze e comportamenti lavorativi e che sono altrettante risorse per le aziende e in generale per la società. Per questo sono decisive iniziative su vasta scala per rilanciare la mobilità sociale e per bloccare i meccanismi clientelistici e senza merito. Ora è quanto mai indispensabile ripristinare il merito come criterio di condivisione sociale troppo spesso annunciato senza poi renderlo realmente operativo.