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Inflazione e caro-vita quanto coesistono?
L'inflazione e il conseguente caro-vita influenzano la vita delle persone con conseguente calo del potere d'acquisto soprattutto per i beni di prima necessità, costringendo a modificare le abitudini di spesa e ad intaccare, molto spesso, i propri risparmi.

Aumenta, pertanto, il divario tra povertà e ricchezza a scapito del ceto medio, con un impatto deflagrante sotto il profilo sociale. All'aumento del costo della vita spesso non coincide con quella misurata dalle indicizzazioni ISTAT. Questo divario dipende da come ciascuno distribuisce le proprie spese. Chi destina una parte consistente del bilancio familiare a beni e servizi con rincari elevati, come energia e carburanti, ha certamente sperimentato aumenti ben superiori alla media. Al contrario, chi spende in più in settori la percezione è di un'inflazione più bassa. Questa divergenza si è accentuata da qualche anno. Anche quando l'inflazione rallenta o torna vicina allo zero, questo non significa che i prezzi diminuiscono. Significa soltanto che continuano a crescere, ma a un ritmo più lento. L'inflazione, infatti, misura la variazione dei prezzi, non il loro livello assoluto. Per assistere a un calo generalizzato sarebbe necessaria un'inflazione negativa, la cosiddetta "deflazione". Quest'ultima insolita e legata a crisi economiche profonde, quando la domanda si riduce e le attività commerciali, pur di vendere, sono costrette a ridurre i prezzi. I prezzi non tornano ai livelli precedenti perché i costi di produzione, i salari si adeguano al nuovo status economico. Solo in alcuni settori più esposti alla concorrenza o alle oscillazioni delle materie prime, come energia, elettronica, trasporti o comunicazioni, si possono osservare riduzioni anche prolungate, che però non compensano i rincari in altri settori. Soltanto con l'aumento dei salari l'economia potrà crescere.
